giovedì 24 settembre 2009

Isola di Flores, Indonesia – Diario di viaggio: 3-Bajawa

Tra Riung e Bajawa Isola di Flores, 17/8/2009






(segue da 2) - Estratto degli appunti di viaggio di Vasco, 3-da Riung a Bajawa (17/8/2009):


“E’ il 64° anniversario dell’indipendenza dell’Indonesia dall’Olanda. Feste e parate sono annunciate in tutta l’isola. In effetti non ne incontriamo una e ci addentriamo in una delle zone più selvagge dell’isola risalendo la bellissima zona di foresta monsonica alle spalle di Riung. Alcuni coloratissimi Flores Lorikeet, Thricoglossus (haematodus) weberi ci accompagnano a svolazzando intorno ai grandi fiori rossi di spogli alberi ai bordi della strada. Un Helmeted Friarbird - Philemon buceroides, specie già osservata qualche anno fa in Australia, ci ricorda che siamo oltre la linea di Wallace. Poi, dopo vari saliscendi intorno ai 1000-1200 m. scendiamo su un altopiano piuttosto abitato e coltivato. Sullo sfondo si comincia a profilare il grande vulcano Inerie che domina tutta questa parte dell’isola ed alimenta diverse fonti di acqua solforosa e ferruginosa. Ci fermiamo presso le Mangaruda Mata Air Panas, una vera onsen in stile giapponese se non si guardano i servizi di supporto in perfetto stile tropicale non mantenuto, cioè molto lontani dagli standard igienici giapponesi. La pozza principale, di acqua ferruginosa verdissima e caldissima, è comunque molto invitante e ci entriamo tranquillamente così come ci immergiamo poi nelle sottostanti acque smeraldo cristalline del ruscello che con la loro forte corrente esercitano un tonificante idromassaggio. Uscendo beviamo da un cocco con una cannuccia il suo ottimo succo ed assaggiamo un curioso frutto che sembra una patatona ma in effetti si rivela come uno straordinario marron glacé naturale. Arriviamo a Bajawa alle 13,30 e ci precipitiamo nel ristorantino Divas dove ci viene servito un eccellente gado-gado ed un pork saté, spiedino di maiale grigliato in salsa di noccioline gustosissimo. Sono le prime specialità “classiche” indonesiane che proviamo nel nostro viaggio ed il gusto forte e speziato con sentore di agrodolce ci conquista, regalandoci anche il piacere di un conto inferiore ai 2 (due) euro a testa. Lasciamo i bagagli all’Hotel Severin, di standard “superiore” secondo i canoni di Flores, forse perché il lavandino è separato dal bagno. Peccato che, come al solito, scarichi nel bagno direttamente sulle gambe di chi si trovasse seduto sul water. Partiamo subito verso Bema ed i villaggi dell’etnia N’gada che abita questa parte dell’isola. Si sale in una bella zona di foresta d’altura. I pocket di foresta primaria sembrano abbastanza diffusi ed il paesaggio, dominato dal cono piramidale del vulcano Inerie, è magnifico.



Bena Isola di Flores, 17/8/2009


Bena Isola di Flores, 17/8/2009


La bellezza della zona acquisisce una suggestione quasi soprannaturale quando dalla foresta si apre un varco su un pianoro sommitale disposto con una prospettiva perfetta sul centro della piramide vulcanica. Sul pianoro sono disposte in linea simmetrica due file di case rialzate in legno con tetto di paglia. E’ il villaggio di Bena. Al centro delle due linee di case il “viale delle sepolture e dei sacrifici” sul quale sono disposti ombrelloni di paglia (ngadhu), che simboleggiano il maschio, e strane casette rialzate in miniatura (bhaga), che rappresentano la femmina. In cime alle case adiacenti maschere che evocano gli spiriti e gli antenati. Ai lati, muti spettatori arrivati chissà da dove, lastroni di pietra e megaliti che sembrano essere stati dimenticati qui dalla sceneggiatura di 2001 Odissea nello spazio, vegliano sulla vita del villaggio e sulle tombe degli avi. Il “viale” è una linea perfettamente orientata sul cono del vulcano e si porta dietro tutta la simmetria urbanistica del villaggio. Non c’è che dire, il luogo emana un magnetismo particolare, indipendentemente da quello che pare dicano del posto alcuni studi esoterici. L’immagine ricorda un po’ Machu Picchu, con edifici certo un po’ più primitivi ma con la differenza che gli Incas del posto, gli N’gada, sono ancora lì, con le loro galline, con i loro anziani dai quali ti devi registrare, con i loro bambini che ti salutano Hallo Mister. E continuano, imperterriti, a seguire i loro riti ed a sacrificare i loro bufali.



Bena Isola di Flores, 17/8/2009

Più furbi degli Incas me li immagino aver accolto i Portoghesi, nel ‘500, ammesso che questi siano mai arrivati fino a qui, con gli stessi sorrisi con i quali accolgono noi. Per tenerli buoni, hanno fatto proprio il simbolo della croce, continuando nelle pratiche animistiche di sempre.


Abitazione di Bena con sullo sfondo il vulcano Inerie (colori rielaborati) 17/8/2009





Bena è senz’altro un luogo di interesse internazionale e la nuova strada ben asfaltata che la collega a Bajawa, i pulmini di turisti presenti (2, cioè parecchi per gli standard di Flores) ed i lavori di manutenzione in corso su alcuni edifici fanno pensare che in futuro l’afflusso aumenterà non sappiamo quanto compromettendo l’autenticità del luogo. Iniziamo un’accesa discussione con il nostro equipaggio per raggiungere Nage, un villaggio più avanti segnalato come altrettanto interessante, che loro dicono non raggiungibile ma che considero essere parte dell’itinerario concordato. Insisto e ci mettiamo in marcia. Come spesso succede non si capisce una mazza, neanche dalla LP che secondo me non ci è mai andata, di quanto cavolo sia distante ‘sto Nage. Comunque, dopo mezz’ora di viaggio e la trasformazione della strada da bella carrozzabile a mulattiera di montagna con pendenze assassine, appuriamo che è sicuramente molto più distante dei 7 km indicati dalla LP. Tocchiamo diverse volte, l’autista dà segni di nervosismo, abbiamo mezz’ora scarsa di luce e poi dobbiamo visitare e rifare tutta la strada…ok, cedo: torniamo indietro. Effettivamente per la visita dei villaggi N’gada è necessario un giorno pieno, lasciando l’auto a Bena e camminando verso Naga per un paio d’ore one way, in discesa, tornando se possibile in bemo o con le proprie gambe. Rimanere a Bajawa una sola notte è troppo poco, tra l’altro la cittadina e il clima sono gradevoli, e sono consigliabili almeno 2 o 3 notti. Il nervosismo con Nyman e Melchie si stempera subito quando, dai bordi della foresta, si materializza di fronte a noi un White Rumped Kingfisher, Caridonax fulgidus, uno degli uccelli endemici più belli della Wallacea, al quale riesco a scattare qualche foto nonostante le pessime condizioni di luce. Sembra proprio che quest’isola faccia di tutto per non farmi arrabbiare. La quiete crepuscolare ormai sta scendendo sui villaggi al cospetto del perfetto cono vulcanico dell’Inerie. (17/8/2009) - (segue)


Il vulcano Inerie dalla strada tra Bena e Bajawa 17/8/2009


domenica 20 settembre 2009

Isola di Flores, Indonesia – Diario di viaggio: 2-Riung

Flying Foxes presso il posatoio nelle XVII Islands, Riung 16/8/2009


-segue da 1- Estratto degli appunti di viaggio di Vasco, 2-Detusoko-Riung (15-16/8/2009):


“ Partiamo alle 8,00 da Detusoko seguendo la strada per Ende. Attraversiamo zone interessanti di foresta e di risaie a terrazzo a valle. L’autista Melchie, al quale mostro con il binocolo un bell’esemplare di White Bellied Kingfisher, diventa un appassionato birdwatcher, in particolare dopo aver sentito che in famiglia, durante gli spostamenti in auto, ci capitava di mettere un premio di 1 euro per ogni animale interessante osservato.



Lungo la strada tra Detusoko ed Ende 15/8/2009

In effetti è scatenato e sfodera, mentre guida su strade insidiosissime, una vista da cacciatore indigeno perfettamente calato nell’ambiente: individua uccelli a distanze incredibili nel folto della foresta che non sempre riesco a inquadrare con il binocolo. Alcune le inquadro ma non sono riportate sul libro. Dopo aver attraversato l’insignificante capoluogo amministrativo dell’isola Ende seguiamo una strada panoramica lungo la costa sud dell’isola e facciamo il primo bagno a Flores e successivo picnic sulla spiaggia dei ciotoli blu, arrivati qui dopo un’eruzione vulcanica di qualche anno fa. Lasciando poi la costa sud riattraversiamo l’isola verso nord secondo un percorso a zig-zag caratteristico di Flores che è attraversata in senso longitudinale da numerose catene montuose di origine vulcanica. La strada per Riung è una strada secondaria rispetto alla principale, già di per sé in stato piuttosto mediocre. Gli spostamenti a Flores sono lunghissimi, inoltre non è stato possibile trovare una cartina decente, la Lonely Planet come sempre vorrebbe farci viaggiare tutti in bemo e non contempla la possibilità di spostarsi in auto ed il nostro equipaggio non mastica distanze in km ed è piuttosto impreciso anche sui tempi. Rilevo che il concetto di numero, quantità e tempo è poco sviluppato nella popolazione locale. Molti non hanno l’orologio, ma forse non ne hanno bisogno dato che i giorni sono scanditi, in queste zone tropicali, da una regolarità assoluta: alba alle 6,15, tramonto alle 18,15, 12 ore di luce e 12 ore di buio, il sole sorge e tramonta velocissimo. Comunque da Ende a Riung credo ci siano circa 100 km per percorrere i quali impieghiamo quasi 5 ore, al lordo però di diverse fermate naturalistiche e qualche tratto a piedi. Gli ambienti attreversati nella parte finale dell’itinerario sono interessantissimi: la fitta foresta monsonica delle alture, che in questa stagione secca è quasi spoglia di foglie, è seguita da zone di savana selvaggia che poi lasciano il passo, giunti ormai sulla costa nord, ad estese foreste di mangrovie popolate da scimmie. La stagione secca facilita lungo l’itinerario le osservazioni ed identifico ad esempio in 5’ su un paio di alberi carichi di frutti, una quindicina di specie di uccelli. Melchie vede anche una brigata di quaglie striate a 150 m. mimetizzate nel bush. In prossimità di Riung, dove la strada costeggia le mangrovie da un lato e la foresta monsonica dall’altro, vedo diversi tra gli endemismi più interessanti di questa regione riuscendo a scattare qualche foto. Riung non è quella località turistica che ci si potrebbe aspettare dalla sua prossimità con il parco marino delle Seventeen Islands ma un vero villaggio tradizionale di pescatori con case su palafitte che ricordano, in versione un po’ più tropicale, le Robouer delle Lofoten in Norvegia. La bassa marea è molto bassa e le imbarcazioni rimangano a mezz’aria come nella baia della Somme. La missione, che ci aspettavamo secondo la LP, “scintillante”, da un’idea un po’ “malsana” essendo circondata da campi non proprio lindi e mangrovie paludose. Imperversano le zanzare e la zona richiederebbe il Malarone. Ci attrezziamo in modo difensivo con calzoni e scarpe resistenti, camicia chiara robusta e bagno di Autan indonesiano. Andiamo al porto a vedere il tramonto in un contesto indubbiamente suggestivo, con il molo di legno che si protende nell’insenatura con il villaggio di palafitte alle spalle, le mangrovie ai lati, le montagne alle spalle e le decine di isolette di fronte. Unico rumore, i versi gutturali dei macachi che si inseguono nelle mangrovie. Che calano con il calare del sole sul mare.




Approdo nel Parco marino delle XVII Islands, Riung 16/8/2009
La colazione all’indomani, come al solito alle 7, ci riserva una sorpresa dalle svogliate, ma molto sorridenti e carine, ragazze della missione: un eccellente pancake alle banane, con dell’ottimo caffè forte di Flores. Verso le 8 iniziamo la crociera di un giorno delle XVII Islands e poco dopo la partenza ci fermiamo di fronte ad una grande posatoio di Flying Foxes o Rosselle (più appropriato il nome inglese visto che sembrano proprio delle teste di volpe con le ali).



Posatoio delle Rosselle XVII Islands, Riung 16/8/2009

Ci sono altre 3 o 4 barche di turisti e purtroppo i locali cominciano a gridare facendo alzare una buona parte delle povere rosselle, stanche dopo una notte di scorribande sui frutti e fiori tropicali delle foreste di Flores. Raggiungiamo poi una magnifica isoletta di spiaggia bianchissima circondata dal reef . Facciamo la prima uscita di snorkeling trovando del bellissimo corallo vivo anche se pochi pesci. Nella zona negli anni scorsi molto reef è stato distrutto dalla pesca con gli esplosivi, pratica che ci dicono ora fortunatamente cessata e ci vorranno anni prima che il grosso dei coralli si riprenda. Tsunami permettendo. Osserviamo il scendere della marea da un lato ed un sontuoso red snapper sulla brace dall’altro, accompagnato da baby tuna ed altri pesci.


Abbondante grigliata di pesce su una spiaggia delle XVII Islands


Il pesce grigliato perfettamente ci viene servito su un letto di foglie di palma intrecciate. Nei tagli del pesce una salsa di lime e chilly ben equilibrata da al pesce un sapore delizioso ed i tranci incisi profondamente sono facilmente asportabili con le mani. Ci spostiamo poi su un’isola con meno reef ma ancora più isolata; nuotiamo in una mare cristallino con tonalità verde smeraldo, pieno di grandi stelle marine, alcune blu ed altre rosse palmate di macchie scure. Il rientro in serata dopo questa gradevole giornata di mare è intorno alle 17. In serata al ristorante parliamo a lungo con il gestore dell’Hotel Nirvana, noto ai turisti di Flores, secondo la definizione dell’edizione italiana della Lonely Planet, come un gran “narcisista” o, secondo l’edizione inglese, un “adescatore” di turiste un po’invadente. Ovviamente parla malissimo della LP ed in effetti a noi sembra un ragazzo simpatico, molto moderno e colto e buon conoscitore delle lingue e delle abitudini dei diversi paesi europei. Incrociamo una comitiva di italiani di Avventure nel Mondo ed alcune ragazze cinesi vestite modernamente che viaggiano in fuoristrada. Fanno parte della ricca minoranza cinese indonesiana, che anche qui, con base nella vicina Ende, controlla buona parte dei commerci e delle attività economiche" (segue)


(16 agosto 2009)






Bintang delle XVII Islands Riung, Isola di Flores, Indonesia 16/8/2009

sabato 19 settembre 2009

Isola di Flores, Indonesia - Diario di viaggio: 1-Kelimutu

Foresta e campi di riso presso Detusoko Flores, 14/8/2009

Un volo Merpati di circa 2 ore con scalo a Sumba porta Vasco e consorte da Bali a Maumere sulla costa orientale dell’Isola di Flores, punto di inizio di una visita di alcuni giorni sull’isola. Quello che segue è un estratto degli appunti di viaggio di Vasco.
“ Arriviamo a Maumere intorno alle 16, in ritardo. Sul volo una quindicina di turisti ed un sacerdote di Verona che si reca a Flores dalle Filippine per avviare una nuova missione. Dopo lunghe trattative e verifiche, appuriamo che la persona che insiste nel volere farci da guida è quella che effettivamente avevamo richiesto: grandi sorrisi e pacche sulle spalle sanciscono il via libera all’inizio del viaggio con Nyman, la nostra guida, e Melchie, l’autista con i quali condivideremo i prossimi giorni lungo le strade di Flores. Appena lasciata la città, l’unica a Flores che possa chiamarsi tale, la strada si immerge in una vegetazione rigogliosa: lungo la strada banani, palme da cocco, papaia, macadamia nuts, più all’interno tratti di foresta che ci accompagna fino ai 1200 m. di Moni con grandi alberi vetusti svettanti. La strada è tortuosa, veramente tortuosa, il rettilineo più lungo non supera i 50 metri. Buche notevoli si alternano ad un discreto movimento sulla carreggiata di bambini, uomini e donne di ritorno ai villaggi, galline, maiali, cani e anche scimmie. Melchie, di poche parole, nessuna in inglese, appare subito molto abile nel districarsi tra tutto questo ed ha una straordinaria capacità di addolcire le curve ed evitare le buche, doti essenziali sulle strade di Flores anche per evitare il mal d’auto. La guida Nyman parla invece un inglese di buon livello, è preparato sulle culture locali ed è decisamente socievole. La musica di Flores (Bajawa) che ci fanno sentire è completamente diversa da quella di Bali, molto ritmata, quasi un salsa afro-brasiliano. intorno alle 18,15, tutto si fa buissimo, interrotto dalle luci sparse di alcuni villaggi isolati. Già intorno alle 20 un incredibile cielo stellato si apre di fronte a noi con una via lattea spumeggiante ed infinita. Siamo intorno ai 1000 m e fa fresco, ci vogliono pantaloni lunghi, maglietta e camicia. Arriviamo alle 21 dopo 4 ore alla media di 30 km/h (la media standard sulle migliori strade di Flores) alla missione Wisma San Franziscus di Detusoko dove nell’ampio locale ristorante uno stuolo di ragazzini e ragazzine locali canta e balla sotto un poster della Madonna (quella vera). La camera, con zanzariera sul letto, è molto sobria ma pulita. Il bagno è dominato da un grande catino dove è raccolta l’acqua da prendere con il mastello ed usare, alternativamente, per sciacquare il water, lavarsi le mani e farsi la doccia mentre per i denti è forse meglio usare la minerale. Il tutto comunque appare più stravagante che malsano. Cena francescana con zuppa, riso, patate fritte ed un pollo semifritto che sembrava un po’ quello che in Brianza una volta si chiamava cunili de tecc. Come Nyman non ha mancato di sottolineare, nei villaggi della zona è molto apprezzata la carne di cane che ribattezziamo cunili de tecc de la festa. Conveniamo una colazione alle 7,00 rinunciando saggiamente all’alba, con insulsa sveglia alle 4,00, sui laghi di Kelimutu, una delle principali attrattive di Flores, dove preferiamo dirigerci con il sole più alto ed i colori più vivi.

Campi riso a terrazza presso Moni Flores, Indonesia, 14/8/2009

Dormiamo molto bene e troviamo una colazione con ottime banane appena colte, una cosa completamente diversa dalle Chiquita da supermercato, e uova fritte di vera gallina ruspante. Arriviamo nella zona vulcanica in prossimità dei laghi intorno alle 8,30. Con la luce del mattino osserviamo meglio la copertura forestale intorno, specie coltivate frutticole ed alcune bellissime risaie a terrazzo nei fondovalle, foresta secondaria e pocket di foresta primaria, più vasta nelle parti più elevate. Avvicinandoci a Kelimutu, che è zona a Parco, si afferma la foresta primaria a closed canopy, ricca di sottobosco, felci, rampicanti enormi, fiori e frutti grandi e colorati.

Foresta primaria di montagna a Kelimutu Flores, Indonesia, 14/8/2009
Arrivati al parcheggio scopriamo che siamo capitati qui proprio nel giorno in cui si svolge un grande raduno delle tribù o clan dei villaggi ai piedi del vulcano per una importante cerimonia. Decine, centinaia di abitanti dei villaggi stanno affluendo a piedi, in moto, o in bemo. Non è giornata di panorami selvaggi o osservazioni naturalistiche. Mentre cerco di individuare, ai bordi del sentiero, un uccello dal canto simile ad un usignolo a decibel potenziati che crea un effetto stereofonico che rende difficile l’individuazione (mi spiegheranno poi essere un interessante bare-throated whistler) diversi indigeni si fermano a guardarmi come un esponente stravagante di una tribù esotica.
OK, lasciamo perdere, mi dedico agli umani: gli abitanti dei villaggi sono vestiti prevalentemente negli abiti tradizionali, alcuni più semplici, altri più elaborati, più numerosi gli uomini, tra cui gli anziani dei villaggi, un gruppo ha delle strane canne sul capo. Il colore della pelle è piuttosto scuro ed hanno dei caratteri più “melanesiani” rispetto a quelli più asiatici dei balinesi. Nyman ci spiega che in questa zona gli abitanti hanno la pelle più scura mentre le popolazioni di altre vallate, nella zona ovest dell’isola, come gli N’gada, hanno la pelle più chiara. Sulla costa, in particolare quella Nord, prevalgono i pescatori originari di Sulawesi con lineamenti più malesi. Mentre saliamo lungo il sentiero osservo che quasi tutti sono di corporatura piuttosto piccola ma con piedi molto grandi e dita sproporzionate. Diversi salgono a piedi nudi sulla dura roccia vulcanica. Hanno la pianta dei piedi che sembra una robusta suola naturale.

I laghi superiori di Kelimutu Flores, Indonesia 14/8/2009

Kelimutu è un luogo sacro: i laghi, dai colori che cambiano ogni decina d’anni, raccolgono secondo le credenze locali le anime dei defunti, quello azzurro chiaro più in alto quelle dei più giovani, il lago blu scuro quello dei più anziani e quello inferiore nerastro raccoglierebbe le anime dei malvagi. Nell’attuale colorazione non impressionano particolarmente, forse il lago superiore era più suggestivo fino al 1997, quando era rosso. Però il paesaggio aspro e vulcanico che si erge sopra i laghi colorati è affascinante.
Quando il sole fa capolino tra le frequenti nuvole di passaggio intuiamo quello che Nyman, che è di questa zona, ci voleva dire sulla comunicazione soprannaturale che i laghi stabiliscono tra la gente dei villaggi, gli spiriti dei defunti ed i segni divini: lo specchiarsi delle nuvole sulla superficie dei laghi superiori, quello inferiore è meglio non guardarlo, crea continui giochi di luce e di forme ed i saggi dei villaggi sanno leggerne i profondi significati. Come questo, e le varie tradizioni animistiche presenti, si concili con la forte fede cattolica degli abitanti di Flores, unica enclave in Indonesia dove i cattolici sono larga maggioranza, come notiamo anche dalle evidenti croci al collo portate dagli uomini dei villaggi, risulta difficile da capire ma, come sempre, non va sottovalutata la grande ed abile capacità dei missionari cattolici di plasmare le culture locali.
Kelimutu, Flores 14/8/2009
Ci raccogliamo assieme alla decina scarsa di turisti presenti ai margini della cerimonia che sta per avere inizio. Le invocazioni però del primo capo villaggio marcano male: Newman ci spiega che le sue parole sono state considerate offensive dai leader degli altri villaggi perché si è espresso attribuendosi la sacralità di Kelimutu.
Kelimutu, Flores 14/8/2009

La situazione è sul punto di degenerare: i leader degli altri villaggi alzano la voce e molti cominciano ad imprecare ed a raggrupparsi, si accenna qualche spintone. Capiamo il senso della numerosa polizia presente, qualcuno è anche in borghese armato di fucile d’assalto. Uno, più giovane, con barba e vestito in mimetica “cubana”, forse un esponente della sinistra antagonista locale, urla come un forsennato. E’ un amico della nostra guida che ci spiegherà poi essere intervenuto per rivendicare il luogo come comune a tutti gli abitanti dei villaggi. Interviene poi una vetusta indigena, che sembra una donna ma in effetti è un uomo, uno degli anziani più rispettati, e cala il silenzio. Parla con calma trasudando saggezza ed alla fine tutti applaudono. Il rappresentante del governo locale interviene come “maestro di cerimonia” e tutto si calma, i leader si riuniscono in cerchio lasciando un corridoio tra la folla verso la montagna e cominciano a mangiare carne di maiale e bere vari intrugli salendo poi un po più in alto ed iniziando canti e balli. Il “cubano”, pur con qualche intemperanza, si unisce alla fine anche lui ai canti ottenendo così accesso al circolo dei leader o dei saggi. Vista dall’esterno, è sembrata un po’ come un’assemblea studentesca degli anni ’70 ed un po’ come una tribuna politica in versione tribale. Ma in fondo non è questo il significato originario delle cerimonie rituali, quella di affermare la leadership e di metterla alla prova misurando il consenso e la capacità persuasiva dei leader? E’ la politica, ragazzi, secondo il rito tradizionale di Flores e noi ne abbiamo condiviso un po’ dello spirito originario, in fondo più democratico che in un dibattito televisivo. Qui almeno se dici una stronzata ti menano.

Leader anziano, Kelimutu, Flores 14/8/2009
Più tardi scendiamo in un ristorantino di Moni, dove il lunch è circoscritto ad una smilza frittatina di un uovo, dirigendoci quindi verso la strada dei villaggi, che percorriamo tutta, fino a Nggela, ultimo villaggio ormai in prossimità della costa sud dell’isola. Ovunque i bambini ci accolgono con il saluto che ci accompagnerà per tutta l’isola: Hallo, Mister! Quasi tutte le case, anche quelle dei villaggi più sperduti, ostentano le tombe dei defunti di fronte all’entrata: spesso sono ricche, in granito lucido, pulitissime, anche di fronte alle case più umili.

Tessitrice di Ikat sulla tomba di famiglia presso N'ggela, Flores, 14/8/2009
I defunti continuano così a convivere con la famiglia: sono i primi ad accogliere i visitatori, sulle loro tombe i bambini giocano e le donne tessono gli ikat. Tutti, ci immaginiamo anche i morti, ci sorridono in questa isola e raramente viaggiando ci è capitato di cogliere negli sguardi un senso così diffuso di armonia e serenità. Capiamo dal nostro equipaggio, che a sua volta parla e sorride ricambiato con tutti, che questo è il modo di fare dell’isola e loro stessi sono preoccupati quando vedono qualche turista che giudicano arrabbiato o triste. Magari, penso io, si tratta di qualcuno con temperamento più “nordico” o semplicemente appena uscita da una delle tremende toilette di Flores. Tornando, verso sera, alla missione scopriamo ad un mercatino sulla strada verso Detusoko degli eccezionali frutti tropicali mai visti e, con sorpresa, degli ottimi mandarini coltivati in questa zona che maturano proprio in questa stagione. La doccia con il mestolo ed acqua freddissima è molto piacevole ed anche istruttiva facendoci capire cosa vuol dire gestire le risorse limitate, in questo caso l’acqua, quando sai quanta ne hai disposizione, un bidone per due giorni, e devi farci tutto. Tutto sommato non siamo affatto dispiaciuti che la guida non abbia fatto in tempo a raggiungerci per la cena dopo essere andato a trovare la moglie in un villaggio della zona, colpita da un attacco di tifo. Niente di grave comunque, ci dice l’indomani, con un sorriso ed un pacca sulla spalla” (14 agosto 2009).



Chiodi di garofano N'ggela, Flores, Indonesia, 14/8/2009

giovedì 3 settembre 2009

Doegas goeming enteg: Isola di Bali, Indonesia

Kuta Beach Bali, 12/8/2009

"E' subito evidente a chiunque visiti Bali che la forza motrice della ricca e complessa attività culturale dei balinesi non è l'avidità nè il crudo bisogno fisiologico. I balinesi, specie nelle pianure, non sono affamati o poveri: sprecano il cibo e e una parte assai notevole della loro attività è dedicata a opere affatto improduttive, di natura estetica o rituale, in cui profondono cibo e ricchezze. La grande maggioranza lesina il centesimo in una prospettiva temporale limitata e con limitate aspirazioni: essi risparmiano finchè ne hanno abbastanza da profondere in qualche cerimonia....Il termine con cui i balinesi indicano il periodo precedente l'arrivo dell'uomo bianco è doegas goeming enteg, quando il mondo era stazionario". Vasco Cesana, rispolverando alcune sue riminescenze universitarie, si interroga sul significato attuale di queste osservazioni del carattere balinese svolte da Gregory Bateson e Margareth Mead negli anni 30, sulla spiaggia di Jimbaran, nella parte meridionale di Bali, mentre attende la cottura alla brace della aragosta di 1 kg e di un numero imprecisato di gamberoni di complemento. Bali è una tappa di passaggio e relax nel corso del viaggio che con la consorte ha intrapreso verso l'isola di Flores e le adiacenti Komodo e Rinca, in Wallacea, la terra di mezzo indonesiana tra Eurasia e Oceania.

Aragosta alla griglia e spinaci d'acqua al ristorante Ganesh sulla spiaggia di Jimbaran, Bali 12/8/2009
Dopo i gravi attentati del 2002 e del 2005 i visitatori sono tornati a fare di Bali una affollata meta turistica internazionale, almeno a giudicare dalla frequenza degli aerei in arrivo a Denpasar e dai numerosi turisti in circolazione. E' un turismo piuttosto eterogeneo ed in qualche modo, diversamente da altre destinazioni famose, non troppo segregato dalla vita locale. La variegata offerta turistica di Bali, dai lussuosi resort agli hotel di impronta più locale, dalle sistemazioni spartane per giovani e surfisti alle seconde case dei pensionati soprattutto australiani, dai ristoranti ai locali notturni per i diversi gusti, dalle molte opportunità di shopping agli atelier degli artisti dà quasi l'impressione di essere una grande sovrastruttura che si erge sopra un sistema culturale, sociale, economico e, per quel che resta, naturale, unico ed affascinante, traendo da questo la sua linfa vitale e la sua ragion d'essere. Quando questa linfa sarà prosciugata anche la sovrastruttura turistica perderà qualsiasi vero elemento di interesse e magari qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi perchè venire fino a qui. Ma Vasco non è troppo ottimista sulla capacità di porsi domande da parte del turista globalizzato. Guardando allo sviluppo edilizio ed alla massa di traffico che si accumula sulla parte sud dell'isola, dalla periferia nord di Denpasar fin quasi ad Ubud e, verso sud, fino ormai quasi a raggiungere le propaggini più meridionale della penisola di Nusa Dua si potrebbe essere propensi a dire che la sovrastruttura turistica sia ormai vicina al punto di rottura o, se vogliamo, di "vampirizzazione" della propria linfa vitale originaria, anche considerando le molte strutture in costruzione.
Però, alcune delle sistemazioni turistiche sembrano trasmettere qualcosa dello spirito dell'isola riprendendo i temi architettonici delle case balinesi. Un esempio di hotel piuttosto tradizionale con un buon rapporto qualità/prezzo è l'Hotel Puri Jambu di Jimbaran dove Vasco e consorte hanno soggiornato all'inizio del loro viaggio che, oltre ad essere un posto rilassante, è anche a trecento metri dai ristoranti sulla spiaggia di Jimbaran. Le note bitonali circolari di due riservati suonatori di timpana in un angolo del giardino accompagnavano dolcemente l'inesorabile calare delle palpebre nelle primissime ore della notte, in barba anche al fuso orario. All'insegna del relax in un contesto raffinato ed elegante è l'Hotel Uma Ubud, frequentato sulla via del ritorno. L'Hotel offre una vasta scelta di sistemazioni incluse lussuose ville con piscina interna e vista sulla vallata. Eccellente la Garden Room con patio giardino, una spaziosa camera con alto tetto in bambù e canne ed un imponente bagno aperto con vasca a baldacchino e doccia degradante su sentiero zen di sassolini. La piscina, "nuotabile", ed il centro benessere sono immersi in un giardino tropicale con vista sulla foresta rigogliosa della vallata sottostante. Intorno, le antiche risaie, visitabili con tranquille passeggiate a piedi, il cui riso già molti secoli fa era commercializzato fino in Cina.
La sala Yoga all'Hotel Uma Ubud Ubud, Bali, 22/8/2009
Guardandosi in giro, tra le pieghe dello sviluppo turistico, Vasco ha la sensazione che, per ora, nonostante tutto, il sistema culturale, sociale ed, in parte, ambientale, balinese resista. L'attaccamento dei balinesi alle tradizioni è ancora forte: spesso colorite cerimonie hindu-isolane s'impongono anche nelle arterie di traffico, camminando per strada bisogna stare attenti a non calpestare i cestini delle offerte per le divinità e gli spiriti (Bali è un'isola fortunata perchè si incontrano spiriti dappertutto diceva un accompagnatore locale nel 1850 ad uno stupito Wallace), le basse case-tempio riccamente decorate sono ancora diffuse, le risaie a terrazzo
Cerimonia per le strade di Ubud Bali, 22/8/2009
irrigate secondo un sistema millenario di canalizzazione delle acque, soprattutto nelle colline intorno a Ubud, esistono ancora, nei giardini degli alberghi ispirati ad uno stile più tradizionale e nelle vallate si intuiscono ancora le bellezze della rigogliosa vegetazione tropicale dell'isola.
Casa-Tempio per le vie di Ubud Bali, 21/8/2009
E' possibile, ma Vasco non ha avuto il tempo di verificarlo, che ampie zone di ambiente naturale originario si conservino nella parte nord dell'isola. I due imponenti massicci vulcanici che dominano la conformazione dell'isola sono lì, da qualche parte, coperti da massicce coltri nuvolose. Le onde gigantesche che, in modo incostante ed inaspettato, si infrangono sugli scogli e sulle spiagge del sud dell'isola continuano a deliziare i surfisti, anche se gli ombrelloni avanzano inesorabili con annessi discutibili sviluppi urbanistici di supporto, come sulla bella spiaggia di Dreamland, che offre comunque bagni memorabili tra le imponenti onde oceaniche.
Surf a Dreamland Beach Bali, 12/8/2009
Che cosa rimane allora del mitico stato stazionario studiato dagli antropologi del 900? Difficile dirlo con una visita di pochi giorni, però Vasco, pur sulla base di osservazioni superficiali, si sentirebbe di dire che qualcosa, poco o molto è difficile dire, sia rimasto ancor oggi, e già questa è una notizia. Poco prima di partire un balinese gli ha detto che oggi, con il turismo, ci sono ancora più occasioni per fare tante belle e ricche "cerimonie": proprio il modo in cui nello stato stazionario si consumavano le ricchezze aggiuntive per evitare accumulazioni conflittuali. Che fosse un emissario inviato da Gregory Bateson, aggiuntosi nel frattempo ai tanti spiriti che frequentano Bali?

Jimbaran Beach Bali, 13/8/2009